Freaks Out: il potere di essere straordinari


Nelle sale cinematografiche italiane in questi giorni si va al circo, il circo “matto” che ci propone Gabriele Mainetti nel suo ultimo lavoro, “Freaks Out”. Il regista già aveva lasciato tutti a bocca aperta con "Lo chiamavano Jeeg Robot" e ora torna sul grande schermo per presentarci un mondo fantastico popolato da artisti circensi tra i quali un uomo lupo e una ragazza che può manovrare l'elettricità. Ciò che li accomuna sono anni di abusi subìti, agiti da una società che li vede "diversi" e che li relega in quell’unico luogo che permette loro di sentirsi artisti e non più "mostri": il circo.

Il circo "Mezza Piotta" vive e fa sognare i bambini di una Roma occupata dai nazisti, che in ogni città fanno "pulizia dei diversi" obbligando ebrei, persone con disabilità e - ovviamente - i "fenomeni da circo" a salire sui vagoni di un treno che li porterà alla morte. I quattro protagonisti faranno di tutto per sfuggire dalle mani dei nazisti e del visionario Franz, anche lui dotato di poteri speciali, ma messi al servizio di Hitler. Tutto ciò con l'aiuto di un gruppo di partigiani dei quartieri romani decisi a debellare i soprusi dal paese. Gli echi a "Bastardi senza gloria" - ma anche a "X-men" - sono tanti, eppure questo prodotto cinematografico tutto italiano porta al pubblico un messaggio più profondo: le stranezze più piccole e quelle più grandi ci rendono straordinari e sono il nostro super potere. È quello che ripete Israel, un po' il papà di tutti gli artisti circensi, alla piccola Matilde che odia il suo essere "diversa": “Tu sei speciale e per questo non devi avere paura di nessuno”.

Sono le scene in cui la cinepresa si posa sugli occhi dei personaggi quelle che mi hanno lasciata più incantata. Gli occhi di chi si sente colpevole pur senza esserlo, dei nazisti che ridono con crudeltà di ogni persona diversa da loro, dei bambini che restano solo affascinati dalla magia. Quanti film abbiamo visto trattare così tante forme di discriminazione? Quanti personaggi abbiamo visto continuare a lottare in silenzio nonostante le discriminazioni nei confronti delle loro (preziose) diversità? Quanti sono crollati sotto il peso di quelle parole d’odio? E quanti hanno provato in ogni modo a fermarle? Non c'è un’unica forma (giusta) di ribellione, ma i freak del circo di Mainetti una cosa arrivano a capirla: non importa quanto la società possa prendersi gioco di loro, saranno sempre una famiglia e lo urleranno al mondo che la loro unicità, il loro rimanere uniti, sarà la loro personale ribellione a una società non migliore di loro, accecata da pregiudizi e ormai lontana dall'innocenza e lo stupore dei bambini. È quello che ha affermato il regista in un’intervista per l’uscita del film nelle sale: “I miei freak con i loro superpoteri sono più umani degli altri umani”. Questi, infatti, conservano valori tipicamente umani - gentilezza, famiglia, rispetto, compassione, altruismo - che molti umani risultano aver dimenticato.

Dopo aver visto il film, mi sono incuriosita di fronte al potere che hanno parole come "diverso". Cosa significa? È un pregio o un difetto? Nelle ricerche fatte sul vocabolo, ho scoperto che nella maggior parte dei dizionari i suoi sinonimi sono: disuguale, discorde, divergente, difforme, strano, insolito, inconsueto e, alla fine, straordinario, che letteralmente significa "oltre l'ordinario". Un termine che per l'opinione pubblica ha sia valore positivo - dal momento che viene usata perlopiù con l'accezione di "eccezionale" -, ma che si fa anche sinonimo di tutte quelle parole che schiacciano ogni giorno individui percepiti come "diversi". Questo mi ha fatto riflettere su quanto potere abbiamo ogni giorno di scegliere come guardare a noi stessi: “difformi” o “straordinari”?

Se ciò non bastasse per correre al cinema e non perdere un riuscitissimo prodotto del cinema italiano, aggiungiamo come i dialoghi, in un verace romano, diano alla pellicola una sfumatura di realismo e comicità, e come gli effetti speciali la rendano ancora più spettacolare.

C'è per tutti un luogo in cui sentirsi pienamente se stessi e in cui imparare a riconoscere e ad amare tutto ciò che crediamo sia sbagliato in noi e che, invece, è straordinariamente parte della nostra persona. Dobbiamo solo trovare questo luogo, e forse “Freaks out” ci insegna che non è mai troppo tardi per mettersi in viaggio.

[Irene Formati]



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