La fine di un anno


Come ogni anno, ci ritroviamo a fare i conti con i nostri pensieri. Quest’anno soprattutto con le nostre paure e quelle che chiamiamo frustrazioni.

Abbiamo vissuto l’apocalissi di un’epoca ma r-esistere è forse la parola che rimane più salda in questo preciso momento.

Vi auguriamo, per l’inizio di un nuovo anno, riflessioni profonde il riconoscimento degli affetti più vicini.

Lo facciamo con delle piccole e personali riflessioni, che forse niente significano ma si muovono tra la necessità e il desiderio di sentirci parte di qualcosa che appartiene a tutt*: la fine e l’inizio.


Bilanci, riflessioni, somme tirate, buoni propositi. Ma ci siamo mai chiesti perché ci limitiamo a farlo solo il 31 dicembre di ogni anno? Sarebbe bello se quotidianamente lasciassimo passare quella mano invisibile sulle nostre coscienze facendo mea culpa per gli errori commessi e liste più veritiere per le aspettative da superare.

Certo non è facile ma di sicuro non è impossibile. Questa operazione richiede solo un po’ di tempo. Quello che sembra mancarci ogni giorno, quello che fugge e non lascia spazio alle emozioni, quello che non dovremmo dedicare unicamente al lavoro, all’ansia e alla prostrazione. Tempo per noi.

C'è un tempo perfetto per fare silenzio – recita Ivano Fossati in uno dei suoi capolavori - Guardare il passaggio del sole d'estate. E saper raccontare ai nostri bambini quando è l'ora muta delle fate.

C’è un tempo per tutto ma non dobbiamo aspettare il 31 per trovare del tempo per i nostri pensieri, per esprimere dei sogni e ricordarci di amare. Eppure delle cose questa pandemia deve avercele insegnate. Il tempo imposto, per esempio. Il tempo che abbiamo trascorso a casa per una quarantena non desiderata. Giorni di silenzi e preoccupazioni che ci sono stati regalati senza che li avessimo chiesti. Quali cicatrici ci hanno lasciato e quanto ci hanno segnato? Pensiamoci.

E allora per l’anno che verrà non ci resta che fare ammenda e tesoro di quanto accaduto. Ricordare che il tempo non è mai quello che vorremmo, che spesso le lacrime certificano l’autenticità della gioia che stiamo vivendo e dobbiamo imparare a riconoscerla, a goderne fino in fondo. Non so voi ma io smetterò di ignorare i “segnali” e troverò il modo di fare tesoro di quei momenti in cui la vita sceglie di parlarci, distogliendo l’attenzione dalla noia e dall’indifferenza.

“…Dicono che c'è un tempo per seminare
E uno più lungo per aspettare
Io dico che c'era un tempo sognato
Che bisognava sognare…”


In queste ultime settimane di un anno che ha “l’importanza” di finire, si è palesata in maniera prepotente la versione forse più analitica di quella stessa persona che si accingeva a salutare speranzosa il 2020 o meglio conosciuto come l’anno zero.

Il vizio della speranza è duro a morire e  allora sulla scia dei titoli di coda di questi 365 giorni appena trascorsi, la mia attenzione si concentra sulle storie, quelle conosciute, immaginate, concluse.

Le storie possono essere lente, hanno bisogno del tempo giusto per trovarsi, definirsi, rifinirsi.

Hanno la delicatezza delle cose taciute, dei sorrisi che sanno raccontare cose bellissime, di passione, dedizione ed opportunità.

Alcune storie sanno essere vivaci e rumorose come quelle risate che hanno la necessità di venir fuori in una sera qualunque di un giorno qualunque davanti ad una birra improbabile.

Ti avvolgono senza prepotenza lasciandoti sempre un po’ di spazio per camminare da solo sapendo che saranno in grado di colmarlo in ogni momento.

Altre invece sanno di doversi concludere, come un malinconico e delicato tramonto che lascia spazio a nuove lune portandosi dietro tutto ciò che è stato.


Ad un nuovo anno fatto di momenti, profumi e nuove storie da raccontare.


“Se cominci a dare un senso alle cose, significa che stai invecchiando“  (Paolo Sorrentino)



Senza chiedere nulla, la fine di quest’anno me la sono immaginata proprio così: un momento.

Svegliarmi con il sole che mi bacia, pensieri dolci rispetto a tutto quello che ho lasciato sull’oceano mentre il mare mi ricorda quanto faccia male la sua schiuma.

Corro veloce e piango e rido, sento le mie cicatrici che pulsano, sento Dicembre come una lama sul mio cuore, ma io corro e corro.

Corro pensando alla tua chioma bionda e forte, corro pensando gli occhi malinconici di mio padre, uguali ai miei.

Corro e vado incontro a quello che mi aspetta, perché nonostante tutto ho sempre messo tutta me stessa in tutto ciò che ho fatto, anche in quello che ho sperato e non è mai arrivato.

Corro per non nascondermi più da un mondo che cade a pezzi, perché i pezzi possiamo rimetterli insieme noi, con un po’ di amore, un po’ di meraviglia.

Perché forse il punto è proprio questo, ancora riesco a meravigliarmi per le cose piccole.

Ed è questa la vittoria di quest’anno per me, riuscire ancora a meravigliarsi per un gelato al sole, per una passeggiata sotto una luce perfetta per i miei occhi.

Meravigliarsi per quello che non fa male, accoglierlo, tenerlo con sé.

Mi sento grata, nonostante tutto, per ciò che ho e per quello che arriverà. Perché so che arriverà.


Buon anno dal team Italianismi



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