Profumo di gelsomini


Si sente il profumo della vigna misto a quello dei gelsomini quando apri la finestra al mattino, forse di gelsomini misto a quello della vigna, ne siamo pieni di quei fiorellini bianchi. Mi ricordo ancora quando la prima volta ne sentimmo il profumo insieme, eravamo in auto, andavamo verso il mare, con il tettuccio aperto, i capelli al vento e la mia mano fuori dal finestrino, come fanno i bambini, ad acchiappare l’aria, lo faccio ancora quando sono felice. Avevamo poco meno di trent’anni e c’era questo strano posto che avevamo cercato su Google, distava poco da casa, si chiamava Roseto degli Abbruzzi, e siccome era già mezzogiorno e come al solito avevamo fatto tardi, decidemmo di andare lì.

 
 - “Ma lo senti questo profumo bellissimo?” 
 - “Sono gelsomini? Non li avevi mai sentiti?”
 - “No, ma quando avremo casa, li piantiamo in giardino”


Vi dico che a tratti sembrava la Toscana, c’aveva queste colline verdi, erbose, dipinte di verdi diversi, che si incrociavano tra loro come una scacchiera, e poi c’aveva sti alberi altissimi, quelli che vedi nei film tipo Il profumo del mosto selvatico o che ne so, Letters to Juliette (Dio quanto mi piaceva quel film), i cipressi, ecco, era pieno di cipressi. Strade pessime però eh, strette come fossero labirinti, che quel giorno poi avevamo pure la macchina grande e sembrava di occupare entrambe le carreggiate, che poi secondo me, effettivamente occupavamo quella giusta, perché una era.


 - “Amo guarda, non ti sembra la Toscana?”
 - “Sì Culo mio”, mi chiamava sempre così.


Noi in Toscana ci volevamo andare, era il nostro sogno vivere lì in mezzo ai prati, all’uva e ai gelsomini, con tre figlie possibilmente “le voglio tutte e tre con le tue sopracciglia, tre problemi con le tue sopracciglia” e tre ce ne sono, di figli. Quando al quinto mese del primo pancione la ginecologa ci disse che era una bimba – niente Gender Reveal Party, no – quello svenne, vi giuro che svenne proprio dalla gioia. Il secondo pure aveva le mie sopracciglia ma era un maschietto, lui e il padre come burro e marmellata, e il terzo pancione ha chiuso il cerchio, ed è tornato alle origini.


Trent’anni dopo, su una collina a San Casciano in Val di Pesa a casa si sente il profumo della vigna misto a quello dei gelsomini quando apri la finestra al mattino, forse di gelsomini misto a quello della vigna, ne siamo pieni di quei fiorellini bianchi.


 - “Amo guarda, non ti ricorda Roseto?”
 - “Sì Culo mio” mi chiama ancora così.


Raffaella Di Sario



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