Ritratto della giovane in fiamme (2019), scritto e diretto da Céline Sciamma è ambientato sullo sfondo minimalista di una fredda isola della Bretagna alla fine del XVIII secolo. Il film narra una storia d’amore tra Marianne e Héloïse quasi interamente mostrata attraverso gesti e sguardi. La prima, pittrice, viene chiamata per ritrarre la seconda attraverso un dipinto: nonostante questo faccia emergere immediatamente il tema del rapporto pittrice-soggetto, la pellicola è soprattutto una riflessione profonda sul potere dello sguardo femminile. Per Sartre lo sguardo oggettivizza sempre, monito che sembra appartenere a Héloïse, una delle due protagoniste: la prima volta che la incontriamo ci troviamo di fronte a un personaggio instabile che costruisce il senso di sé in relazione a come viene percepito dalla società aristocratica della quale fa parte. C’è una battaglia tra Héloïse e tutte le persone che tentano di dipingerla, proprio perché questo tentativo racchiude la resistenza della donna a essere resa oggetto. Nella maggior parte dei prodotti audiovisivi l’uomo – col suo male gaze (sguardo maschile) – è il soggetto attivo e dominante mentre la donna è il suo oggetto di piacere. Il film propone un tipo di idee e di immagini necessarie a sovvertire questo sistema. Donne dinamiche, attive, complesse che impiegano ben 70’ prima di iniziare a sorridere.
Nelle lunghe ore passate a osservare Heloise per dipingerla, Marianne si prende il tempo di intravedere la sua vita per cominciare a capire i significati sottostanti ai suoi gesti. Dall’altra parte nelle lunghe ore in cui Heloise posa per Marianne lei la osserva ed è in grado di fare lo stesso gioco. Heloise vede la libertà in Marianne e Marianne vede la rabbia e il fuoco in Heloise. Ecco la base del loro amore, un amore basato sullo sguardo reciproco. Un amore basato su uno sguardo femminile. Per tutto il film Marianne è ossessionata da una visione di Heloise in abito da sposa, ma ogni volta che la vede svanisce dopo pochi secondi davanti ai suoi occhi. Questo sguardo fugace è analizzato nella storia di Orfeo e Euridice che Eloise legge a Marianne e alla loro cameriera Sophia. In prossimità della fine del film Heloise vestita da sposa, non più fantasmatica, invita Marianne a voltarsi. Le due donne da quel momento non si vedranno più. Quando Orfeo e Marianne si girano e incrociano gli occhi delle loro amanti, quest’ultimi scompaiono. Ma in contrasto con la natura fisica della vista, si può sempre richiamare il soggetto amato attraverso i ricordi e la memoria.
La presenza di Sciamma è una rarità nell’industria cinematografica. Storicamente le donne nel cinema sono state ritratte come subalterne, meno importanti e unidimensionali rispetto alle loro controparti maschili sullo schermo. Le donne sono rappresentate quasi sempre come oggetto di piacere per uomini eterosessuali. Ciò è in gran parte dovuto al fatto che l’industria cinematografica è prevalentemente gestita da produttori che continuano a produrre stessi materiali, che si sono dimostrati di successo. Sciamma dirige il lavoro della macchina da presa in modo che essa si concentri su espressioni e gesti, rilevandone tutta la complessità. La regista né mostra né sfrutta il trauma, noi sperimentiamo assieme alle personagge cosa significhi essere osservati/e da uno sguardo femminile rispettoso piuttosto che dal solito sguardo maschile oggettificante. Un altro importante aspetto del film è l’attenzione alla complessità delle donne relativamente a tutte le classi sociali coinvolte. La cameriera Sophia è un personaggio complesso e motivato, a tutto tondo, nonostante la sua posizione sociale. Tutte e tre le donne, indipendentemente dalla loro economia, si godono la compagnia reciproca. C’è una scena bellissima in cui le due protagoniste lavorano insieme per cucinare un pasto a Sophia, mentre lei lavora alla sua arte. Quindi Sophia è più della sua classe e del suo lavoro.
Il film dimostra meravigliosamente quanto l’acquisizione del potere da parte delle donne possa essere raccontata in mondi in cui vige il libero arbitrio, e dove loro stesse hanno pieno potere decisionale, indipendentemente dalla loro provenienza e anche, soprattutto, relativamente al proprio sguardo, che diventa il nostro, che diventa il mio.
Ilaria Franciotti
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