La poesia è ovunque la vediamo. Ed è così che Alessandra ci racconta di Lorenzo Caleca, sociologo e fotografo in grado di immortalare una Taranto mai vista. Attraverso le sue foto si può scorgere tutta la magia di un posto unico e a tratti raro, racchiuso in una bolla di malinconia che spacca il cuore.

TARANTO. Riscoprirla e riscoprirsi attraverso le sue strade


Taranto 2, un tempo sui era (letteralmente) tutta campagna.

 

Ho sempre avuto questa ferma convinzione di dover capire in che modo noi influenziamo ciò che ci circonda, che a sua volta ci influenza costantemente, fin dalla nascita. E quindi vivere le strade, percorrerle, sentirle, e cercare di capirle attraverso gli occhi di gente che come me nelle strade che vive cerca di trovare se stesso.


Siamo noi stessi a dare un’essenza alla città, sono i suoi stessi luoghi che ci costruiscono, ci fortificano e indeboliscono… Ho sempre avuto un rapporto carnale con le strade delle città, sono fiumi, vite, un attimo apparentemente privo di nulla ma sostanzialmente carico di tutto quello che siamo. 


Questo rapporto dualistico si rispecchia a pieno nella fotografia di Lorenzo, sociologo che ha avviato il progetto Poesianellestrade, una vera e propria cronaca della quotidianità <<a botte di immagini>>, nato nel 2016 per ripulire il linguaggio, e forse anche la mente, un po’ di tutta questa modernità che talvolta rischia di non avere fondamenta. Una necessità forse - che posso dire di sentire anche io - di ritornare a toccare la realtà, di riprovare sensazioni rumori e odori in carne ed ossa, di rivivere il concetto di apertura, di curiosità e di scoperta. E la strada è un buon punto di partenza per riscoprire nuove forme per raccontare. E con Taranto Lorenzo sviluppa un rapporto di amore-odio, fatto di abbandoni e ritorni, lontananze che gli permettono di acquisire gli strumenti per analizzare, e vicinanze che gli servono per interpretare questo rapporto: <<A 18 anni mi sono iscritto all’università a Lecce… è stata una scelta strana in anni di bologne e milani, ma non la rimpiango: sono riuscito a stare vicino “al mio territorio”, a cavallo tra “le mie zone” e ad assistere a cambiamenti che per fortuna il percorso universitario mi ha aiutato a interpretare>>. E devo dire che attraverso la fotografia ci riesce benissimo.
 

 

Foto di repertorio, un angolo di Taranto normale, di quelli vissuti normalmente senza spettacolarizzazioni. C’è una pizzeria nei dintorni, uno shop 24h che offre birre tiepide e ci abita un amico con cui facciamo lunghe riflessioni sulla città e con cui, al netto di evasioni e scelte di vita, sappiamo apprezzare il valore della noia.

 

Lorenzo però non si accontenta solo della sua esperienza, vuole di più. Vuole conoscere la sua città attraverso gli occhi di chi c’è stato, di chi l’ha vissuta con addosso miti ed esperienze differenti dalle sue. Lo definisce un progetto egoista, io credo invece che sia egoista solo nei termini in cui viene sviluppato senza nessuno scopo inteso nell’epoca moderna, legato a pensieri di tornaconto o vantaggio personale. Ne ha bisogno. Ha bisogno di sviluppare nuove forme di narrazione per se stesso, <<per conoscere meglio la mia città e per dimostrare che tra l’acciaieria e il concertone del Primo Maggio c’è una città che vive quotidianamente lontano da narrazioni spesso tossiche e paternalistiche>>.

E così speriamo di fare, quando raccontiamo la realtà attraverso immagini di per sé non più reali perché contaminate dal nostro essere. Ma lo facciamo con l’onestà e la volontà, due principi che da soli non bastano ma insieme sono tutto. Lorenzo ha la volontà di raccontare onestamente, offrendo molteplici punti di vista, molteplici testimonianze e versioni di una stessa realtà, potendo vedere come siamo noi a creare poi i luoghi… li viviamo, li assimiliamo, li rielaboriamo e li (ri)produciamo in base alle nostre sensazioni, al nostro vissuto, a chi ci ha lasciato in passato cosa, a come guardiamo…

Quello di Lorenzo è sicuramente il tentativo di lasciare pezzetti di piccole realtà che non vengono contemplate nelle realtà “mondiali”, ma che vivono, esistono, sono. Sono tantissime cose, strade case persone vite sogni desideri… sono ancora disuguaglianze lotte speranze… Sono realtà italiane che esistono e che ci influenzano anch’esse nella nostra storia e cultura. Pur non parlando, pur non facendosi vedere. Tutte queste cose lasciano pezzi di sé anche a Lorenzo, che riscopre sfaccettature della città che non conosceva, posti che facevano parte solo di vaghi ricordi… Attraverso l’analisi del rapporto con Taranto, riscopre una città con cui elaborare dialettiche differenti da quelle che si ricordava, a cui era sempre solito ricorrere; si tratta di dialettiche sviluppate lontane dalla faccia che la città mostra, che si nutrono delle parti più interne e intime della città; cerca di sviluppare una narrazione che <<abbandoni il politicamente corretto e si riprenda gli spazi che le competono. Siamo ormai in una sub-contemporaneità, abbiamo tutti gli strumenti per interpretare e narrare lo spazio e il tempo, bisogna solo farlo con coscienza…>>.

Città Vecchia (non Isolamadre o altri nomi del ca***) con amici di Brindisi in visita. Siamo tutte e due città di mare, eppure così diverse che sembra di stare quasi in un’altra regione.

 

Il documentario su Taranto prodotto secondo la dialettica di Poesianellestrade si può dire che sia riuscito a percorrere strade dove non conta la fame di fama, ma conta la fame di sapere, ancora, e aprirsi e raccontare e lasciare qualcosa di sé, della propria visione e della propria rielaborazione alla luce di fatti ed esperienze. Perché si dovrà pure lasciare qualcosa di sé, no? A ognuno il suo.

Ci piace percorrere strade indipendenti, libere da virtuosismi virtuali e analfabetismi mentali, ci piace vivere lontano dalle imposizioni e convenzioni sociali, come dice Lorenzo <<stazionando in un limbo fatto di collettivi, scambi culturali e indipendenza a oltranza>>, e io aggiungerei dove il pensiero è solo il mezzo e il linguaggio è solo lo strumento, che il contenuto lo facciano le esperienze, gli scambi di esperienze, la vita vera quella che puoi dire di aver toccato, di averne sentito parlare - quando la percorri dentro e quando ne parli fuori -, quella che ti ha incuriosito al punto di attrarti, che allo stesso tempo, e spesso, ti ha respinta…

Le cozze: ci chiamano “cozzari”, quando scendi a casa almeno una pepata in compagnia è d’obbligo (la pepata in questione è quella de La Frescheria, a cui hanno dato fuoco a ridosso di Ferragosto e sono comunque rinati, letteralmente, dalle ceneri).

 

[Alessandra Del Vecchio]



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